L’uomo deificato o l’unione con Dio? Una domanda molto profonda.

uomo deificato

Riprendo questo stralcio del libro “La Theologia Deutsch o la via per giungere a Dio” che è intitolato “L’uomo deificato o l’unione con Dio”:

C’è un capitolo, il quarantunesimo del Büchlein, che inizia con questa domanda:

“Chi è dunque l’uomo deificato e divino?”.

L’uomo deificato è colui che è rischiarato dalla luce eterna e divina, è colui che è infiammato dall’amore divino“.

Il succitato libro è opera della professoressa Elisabetta Zambruno.

Ora, il concetto di “deificazione dell’uomo” non deve essere inteso come la sostituzione di Dio con l’uomo.

Questa idea è pericolosa.

L’uomo che si sostituisce a Dio fa solo guai e porta solo sciagura.

La storia lo dice.

Invece, la deificazione dell’uomo, nel senso più nobile del termine, avviene con Dio e non contro di Lui.

Attraverso l’amore sacro di Dio, la “caritas” di cui scrisse Papa Benedetto XVI nella sua lettera enciclica “Deus caritas est“, l’uomo è deificato nella misura in cui egli aderisce al progetto che Dio ha per lui.

Come il peccato rende lontani Dio e l’uomo, degrada quest’ultimo e lo porta alla rovina, l’amore divino eleva l’uomo e lo avvicina a Dio.

Del resto, nel Cristianesimo, Dio si fece come noi (nel suo figlio Gesù) per farci come Lui.

Più l’uomo si allontana dal peccato, più egli si avvicina a Dio.

Questo è il concetto di virtù che riscatta l’uomo e lo avvicina a Dio.

Avvicinandosi a Dio, nella sana virtù dell’amore, l’uomo abbandona la sua condizione di corruttibilità umana ed assume sempre più l’incorruttibilità divina.

Così, egli abbandona la caducità del peccato per l’eternità della grazia.

Forse, l’incorruttibilità dei corpi dei santi può essere un segno evidente e prodigioso di ciò.

Infatti, chi è in stato di grazia non può corrompersi nell’anima, come nel corpo, e (soprattutto) non pecca neppure di superbia.

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