Vittorio Alfieri e la Rivoluzione francese, un legame fondato sull’amore-odio

Vittorio Alfieri

Ieri, vi è stata la commemorazione della Rivoluzione francese ed oggi scrivo qualcosa riguardo a Vittorio Alfieri.

Lo faccio con piacere e e prendendo spunto dall’amica Chantal Fantuzzi, la quale ha scritto sul suo blog un articolo intitolato ““Parigi sbastigliato” Un’ode di Vittorio Alfieri”“.

Ora, il poeta astigiano (16 gennaio 1749-8 ottobre 1803) visse in pieno il periodo della Rivoluzione francese.

All’inizio, egli ne rimase infatuato.

Egli rimase infatuato dall’idea di una libertà individuale e di una lotta alla tirannia.

Poi, però, Alfieri divenne ostile alla Rivoluzione.

Con la caduta della monarchia, l’avvento del Terrore giacobino e la salita al potere di Napoleone Bonaparte (15 agosto 1769-5 maggio 1821), il drammaturgo vide la degenerazione della Rivoluzione.

Per molti versi, Vittorio Alfieri fu il precursore dei poeti e degli scrittori del Romanticismo.

Effettivamente, egli rifletté l’andazzo dell’epoca.

Basti pensare a molti membri del clero.

Questi ultimi appoggiarono la Rivoluzione.

Ovviamente, riguardo a ciò, si deve parlare del basso clero.

Tuttavia, le cose degenerarono.

Il 12 luglio 1790, l’Assemblea Nazionale mise in piedi la Costituzione civile del clero, la quale trasformò la Chiesa francese in un corpo dipendente dallo Stato e staccata da Roma.

Infatti, la Costituzione civile del clero fu fondata su principi del gallicanesimo e rese elettivi i membri del clero, i quali doveva prestare giuramento di fedeltà allo Stato, che li retribuiva.

Questo creò un problema sia nei rapporti tra lo Stato e la Chiesa sia nei rapporti tra gli stessi membri del clero.

Questo portò alla spaccatura dentro la Chiesa tra il clero costituzionale, che giurò, e quello refrattario, che si oppose, restando fedele a Roma.

Con l’avvento del Regime del Terrore del 1793, si portò avanti una politica di scristianizzazione.

Fu creato un calendario rivoluzionario, senza i nomi dei santi, e molte chiese furono chiuse al culto cattolico e destinate ad una nuova religione neopagana dell’Essere Supremo e della Dea Ragione.

I cattolici furono perseguitati.

Con l’avvento di Napoleone, la religione cattolica fu proclamata religione della maggioranza dei francesi e si poté di nuovo celebrare la messa ma la Chiesa francese restò sempre sotto il controllo dello Stato, come fu sancito dal Concordato del 1801 con Papa Pio VII (Barnaba Niccolò Maria Luigi Chiaramonti, 14 agosto 1742-20 agosto 1823).

Del resto, anche lo stesso Napoleone non piacque a Vittorio Alfieri.

Quest’ultimo concepiva la Rivoluzione come una liberazione dalla tirannia dell’assolutismo monarchico e la salita del generale corso fu vista dal poeta come un fallimento della medesima.

Per questo motivo, Alfieri è ritenuto ancora oggi uno dei migliori interpreti del suo tempo.

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