La censura: il nuovo mondo irrazionale

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Questo è il paradosso di questo nuovo mondo: da una parte, vi è una tecnologia che apre nuovi spazi e dall’altra vi è la censura.

Riporto questo stralcio di un articolo scritto da Fabrizio Borasi su “Atlantico Quotidiano“:

C’è però un’altra situazione che, seguendo sempre il pensiero di Vico, accompagna la decadenza di una civiltà verso fasi meno evolute (anche se magari legate alla più sofisticata tecnologia), una situazione di cui si avvertono già i primi segni. Abbiamo detto che nella “età degli uomini” i diversi settori dell’attività umana diretta a creare conoscenza e ad affermare valori (religione e morale, scienze naturali e umane, politica) sono separati tra loro e si limitano reciprocamente.

Nella realtà attuale invece è sempre più frequente il caso che esse si fondano in un’unica serie di prescrizioni e affermazioni che uniscono in sé in maniera irrazionale (e la prima vittima della decadenza è proprio il ruolo della ragione) il dogma religioso, la verità indiscussa della scienza e la forza coercitiva della politica, senza lasciare spazio alcuno al dissenso se non la condanna.

È triste constatare che molte volte, leggendo o ascoltando un discorso non si è in grado di distinguere se ci si trova di fronte all’omelia di un sacerdote, alle tesi di uno scienziato o al proclama di un politico: si pensi a certi discorsi sui mutamenti climatici, ma gli esempi potrebbero essere molti.

Anche in questo caso il paragone più calzante è quello con l’epoca altomedievale cui abbiamo accennato: in quella società il potere dei vari signori e signorotti non solo comprendeva tutte le decisioni politiche, ma aveva “asservito” a sé anche il discorso scientifico e quello religioso, dato che sia gli scienziati che gli ecclesiastici erano totalmente alle dipendenze del signore ed incapaci di elaborare idee e principi autonomi.

Anche da questo punto di vista non c’è ovviamente il pericolo di tornare alla società feudale, ma è realisticamente possibile una evoluzione verso una società tecnologica ma irrazionale, una società che sarebbe basata sempre più su slogan e su dogmi di poche parole, tanto esteticamente piacevoli quanto vuote di contenuto critico, e che al dialogo e al confronto razionale sostituirebbe la condivisione superficiale (ad esempio tramite i “like”) delle affermazioni di questo o quel soggetto e la condanna del dissenso.

Condanna rappresentata ad esempio dalla esclusione dai mezzi di comunicazione tipo i social networks, magari intesa come primo passo verso sanzioni che potrebbero anche andare a toccare la professione e la vita privata di chi esprime opinioni “non corrette””.

Per assurdo, il Medioevo fu un periodo migliore del nostro.

Infatti, noi viviamo in un’epoca strana, un’epoca nella quale abbiamo tutti i mezzi tecnologici coi quali fare circolare le idee e le opinioni ma nel contempo vi è la censura.

L’uomo del Medioevo non aveva questi mezzi.

Nel Medioevo, l’istruzione non era cosa per tutti.

Però, il dissenso esisteva.

Penso, per esempio, alla Chiesa che si opponeva ai monarchi.

Lo stesso era fatto dai nobili.

Nel 1215, il re d’Inghilterra Giovanni Senzaterra firmò la Magna Charta Libertatum, la quale limitò i poteri del sovrano.

Il concetto di monarchia assoluta fu posteriore.

Oggi, noi disponiamo di più mezzi rispetto agli uomini del Medioevo ma siamo meno liberi di questi ultimi.

Per esempio, i social network censurano i contenuti ritenuti offensivi o pericolosi, andando anche oltre ciò che dice la legge riguardo alla censura.

Di fatto, i social network sono degli Stati negli Stati.

Purtroppo, le cose non vanno meglio per ciò che concerne l’informazione e la cultura.

Penso, per esempio, al caso delle commemorazioni dell’Acca Larentia.

C’è stata una polemica riguardo ai saluti romani di un piccolo gruppo di persone ma non si sono ancora condannati storicamente coloro che uccisero quei tre ragazzi il 7 gennaio 1978.

Inoltre, l’informazione è rivolta verso un’unica direzione.

Nelle scuole e nelle università, i collettivi impongono una certa idea, secondo i principi del fabianesimo.

Il problema è che le masse si piegano di fronte a ciò.

Accettano certe “dottrine” in modo acritico e attaccano coloro che dissentono.

Questo ci deve spaventare.

Se poi certe pratiche censorie fossero istituzionalizzate, cosa che l’Unione Europea sta facendo, l’opinione potrebbe diventare reato e tutti noi saremmo fregati.

La censura sarebbe accettata da una massa di gente senza un pensiero critico e sarebbero le persone stesse a eliminare il dissenso, anche con metodi violenti.

Lo Stato lascerebbe fare ogni cosa e il totalitarismo sarebbe un dato di fatto.

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