L’amicizia, una riflessione personale

Faccio una riflessione sull’amicizia e la condivido con voi. Questa riflessione gira nella mia testa da molto tempo e certi ultimi avvenimenti mi hanno dato molte conferme a riguardo.

La foto qui sopra è quella di una partecipazione alle nozze di un mio amico che abita lontano da dove abito io, Roncoferraro, in Provincia di Mantova.

Questo mio amico mi ha mandato la partecipazione alle sue nozze dicendo di avere fatto ciò perché mi considerava (e tuttora mi considera) come un fratello.

La cosa mi ha toccato parecchio e mi ha spinto a condividere questa riflessione con voi.

Del resto, ho già dedicato un libro all’amicizia.

Non ho potuto essere presente alla cerimonia per questioni di vario genere.

Penso alle questioni lavorative (visto che sono concentrato nella ricerca di un lavoro stabile) e a quelle inerenti alla casa.

Comunque, la cosa mi ha toccato parecchio.

Nella mia storia personale, la questione dell’amicizia è spinosa.

Dalle scuole superiori ad oggi, la maggior parte delle mie amicizie è fuori dalla zona in cui vivo.

Per vari motivi, molte delle amicizie in loco non riuscirono ad ingranare.

Faccio parte del Comitato Manifestazioni Roncoferraro (di cui sono anche segretario) però, spesso e volentieri, tra me ed il gruppo ci sono delle distanze.

Ho già scritto qualcosa a riguardo.

Il Comitato Manifestazioni Roncoferraro è un gruppo che ha una grande storia ed è fatto di persone che si conoscono da sempre che hanno in comune un certo retroterra culturale.

Io, invece, sono altro rispetto a tutto ciò.

Sono un po’ un forestiero.

Da qui possono nascere delle incomprensioni.

Comunque, io ho una storia personale che vede la maggior parte delle mie amicizie al di fuori della zona in cui vivo.

Quando parlo di “amicizie” non parlo di Facebook e di altri social network.

Certamente, con alcuni dei miei contatti si è instaurato un rapporto che può essere definito amicale ma è bene fare le giuste distinzioni.

L’amicizia è una cosa ben diversa dalle chat.

Ora, entro nel nocciolo della mia riflessione.

Avere degli amici lontani è una cosa bella ma è anche un rischio.

Il rischio è quello di non poterli frequentare e a lungo andare l’amicizia rischia di annacquarsi fino ad estinguersi.

Questo rischio c’è.

Anzi, una cosa del genere è già accaduta, anche perché, naturalmente, che ognuno fa la propria vita e ha i suoi problemi.

Forse, si considera come amicizia il mangiare insieme.

Io non la penso così.

Del resto, anche Giuda Iscariota mangiò allo stesso tavolo di Gesù Cristo.

L’amicizia è anche condivisione di idee e di valori ed è anche un rapporto di affinità.

Si è amici perché si ha il piacere parlarsi e di condividere opinioni e non solo.

Ora, allargo il campo a quello che accadde tre anni fa e agli strascichi di ciò.

Sappiamo tutti di ciò che accadde col Covid.

Quanto accaduto distrusse i rapporti umani e la coesione sociale.

Penso ai lockdown e al Green Pass.

Non si poteva nemmeno andare a fare la spesa senza la famosa autocertificazione.

I rapporti umani divennero virtuali.

Mi ricordo di bambini che tenevano le lezioni da casa e che si guardavano solo attraverso un computer, di messe celebrate in televisione (perché non si poteva partecipare in presenza) e di nonni che potevano vedere i nipoti dallo schermo di un telefonino o da quello di un tablet.

Mi ricordo anche di amicizie storiche chi ruppero.

Ricordo quelli che non facevano entrare gli altri, coloro che fino al giorno prima erano considerati come di famiglia, per paura di essere contagiati.

Poi, iniziò la campagna vaccinale (coi discutibili vaccini ed il Green Pass) e amici che prima si volevano bene come fratelli iniziarono a litigare perché uno si vaccinò e l’altro scelse di fare il contrario.

Rammento la frase ad effetto dell’allora premier Mario Draghi che disse: “Non ti vaccini, ti ammali , muori o fai morire gli altri“.

Draghi volle fare lo splendido.

Una frase del genere fu psicologicamente devastante per molti.

In una società di gente malinformata e spaventata, certe notizie crearono nuova conflittualità tra le persone.

Tutto ciò lascia degli strascichi, ancora oggi.

Oggi, noi abbiamo a che fare con una società che parla di “bene di tutti” ma nella quale ognuno è rinchiuso nel suo piccolo guscio.

Ognuno pensa al suo orticello fregandosene degli altri.

Questa è la società distopica di oggi, una società ipocrita perché parla del bene della collettività e mortifica l’individuo, mandando i vacca anche i rapporti umani più autentici.

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