L’omosessualità e Roma

omosessualità

Quando si parla di Roma e della questione dell’omosessualità si guardano le cose con gli occhi dell’ideologia e non con quelli della storia.

Basta pensare a ciò che ha detto Alberto Angela.

Ora, alcune cose debbono essere chiarite.

Certamente, nella società dell’Antica Roma vi era una morale diversa rispetto alla nostra, visto che noi risentiamo anche dell’influenza della tradizione giudaico-cristiana.

Però, non è corretto fare delle mistificazioni.

In primis, l’omosessualità a Roma era chiamata “vizio greco”.

Infatti, nella società greca le pratiche omosessuali erano in voga (penso, per esempio alla poetessa Saffo) e Roma assorbì usi e costumi greci quando conquistò la Grecia.

Guarda caso, l’imperatore Adriano (76 DC-138 DC) si rifaceva molto alla cultura greca.

Basta pensare alla barba che si fece crescere.

Egli aveva un amante di nome Antinoo.

Questi è ritratto nella statua raffigurata nella foto.

Inoltre, per la mentalità romana, era considerato omosessuale il soggetto passivo.

Oltretutto, nel caso dei soggetti passivi si parlava di “pederastia”.

Invece, il ruolo attivo fu visto come segno di virilità.

Guarda caso, rapporti di questo tipo regolavano anche quelli tra schiavi e padroni.

Infatti, essere schiavi significava avere anche un rapporto di sudditanza sessuale.

Nell’Antica Grecia era visto come normale un rapporto tra un uomo adulto ed un fanciullo.

Tale rapporto era considerato come una vera e propria esperienza di vita.

Al contrario, Roma non accettava ciò.

Esistono poche fonti sull’omosessualità femminile nell’Antica Roma.

Le fonti che parlano di ciò sono per lo più scritte da autori di sesso maschile, come Publio Ovidio Nasone (43 AC-18 o 17 AC) ma sono alquanto frammentarie.

Invece, esistono poche tracce di storie scritte da donne, anche se le matrone romane erano istruite e conoscevano la poesia.

Oggi, resta poco delle fonti dell’epoca repubblicana e dell’alto impero che riguardano l’omosessualità femminile.

Al contrario, c’è qualcosa di più del tardo impero ma si tratta di fonti generiche.

Dunque, leggere la storia dell’Antica Roma in chiave LGBTQ non è solo scorretto ma è anche un danno alla cultura.

Trasformare un personaggio Giulio Cesare o come Augusto in un simbolo del Gay Pride non è solo fuori luogo ma è anche scorretto perché si riportano le cose in modo non veritiero.

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