Ebenezer Scrooge, il personaggio principale del romanzo di Charles Dickens intitolato “Canto di Natale”, mi affascina parecchio.
La trama del romanzo è nota e parla di un banchiere della Londra vittoriana di nome Ebenezer Scrooge.
Questi rappresenta l’esempio del taccagno senza famiglia e senza amici, l’uomo che ha sacrificato tutto per il lavoro e il denaro.
Egli è ricco, ricchissimo, ma vive come un pezzente.
Per certi versi, Scrooge è un pezzente perché è arido dentro e pronto anche a fare male ai suoi amici.
Solo l’incontro col fantasma dell’amico Marley e quello con lo spirito del Natale passato, quello del Natale presente e quello del Natale futuro lo fanno cambiare e lo rendono più umano.
Scrooge rappresenta anche il prodotto del calvinismo.
Per Giovanni Calvino, essere predestinati alla salvezza data da Dio significa essere fortunati anche negli affari.
I calvinisti mettono in gioco sé stessi e il loro capitale pur di vedere se Dio li ha “baciati”.
Dunque, nel calvinismo si mette al centro il lavoro e l’ozio è condannato.
Una festa come il Santo Natale è vista come una “frivolezza papista” o un “segno del paganesimo”.
Per la visione calvinista, si deve lavorare.
Il lavoro diventa qualcosa di “spirituale”.
Questo concetto disumanizza l’uomo.
Infatti, secondo questo pensiero, l’uomo è tale solo produce.
Dunque, Ebenezer Scrooge altro non è che il prodotto di tale visione e solo un fatto puramente spirituale riuscirà poi a farlo rinsavire.