Il derby di Milano: una questione “metafisica”

derby

Questa sera si disputerà a Milano il famoso derby tra Milan e Inter e (fatemelo dire) la tensione c’è ed è parecchia.

Essendo io stesso tifoso del Milan, una delle due squadre che disputeranno tale partita, sento molto la cosa, anche se cerco di mantenere il contegno.

Certamente (permettetemi questa battuta) se fossi sposato e la mia ipotetica moglie fosse interista ed i miei ipotetici figli tifassero nerazzurro, per me sarebbe una tragedia.

Battute a parte, faccio qualche considerazione.

Un derby è una partita che si disputa tra squadre della stessa città.

Il termine “derby” deriva da una corsa di cavalli istituita nel XVIII secolo dal 12° conte di Derby Edward Stanley.

Una partita simile è piena di significati, dato che per una squadra potrebbe essere la prova definitiva che la farà laureare campione d’Italia e le consegnerà la seconda stella e per l’altra potrebbe essere una piccola vittoria morale in una stagione piena di contraddizioni che sarà senza risultati.

Tenendo conto del fatto che la squadra che potrebbe vincere lo scudetto giocherà in casa dell’altra, la tensione è palpabile.

Dunque, le rivalità si fanno sentire.

Come ho scritto sul giornale “Italia chiama Italia“, speriamo che (prima di tutto) sia una bella partita.

La storia è caratterizzata da rivalità sportive.

Pensiamo, per esempio, ai Romani e alle manifestazioni delle corse delle bighe e le lotte tra i gladiatori.

Si creavano delle vere e proprie fazioni e l’agonismo era talmente forte che si arrivava alla violenza.

Nell’Impero Romano d’Oriente, nell’anno 532, ci fu una rivolta contro l’imperatore Giustiniano I che cominciò dall’Ippodromo di Costantinopoli.

Proprio nell’Ippodromo, si fronteggiarono due fazioni di corridori con le bighe: quella dei Verdi e quella degli Azzurri.

La fazione dei Verdi sosteneva l’aristocrazia e il partito favorevole al monofisismo, una dottrina religiosa cristologica ancora oggi presente che ritiene che la natura umana di Gesù fosse assorbita da quella divina, e quella degli Azzurri sosteneva l’imperatore Giustiniano e il credo niceno-costantinopolitano.

Dunque, c’era una rivalità sportiva che celava una contesa politica e religiosa.

Le due fazioni facevano veri e propri atti di teppismo, con tanto di omicidi.

Questo portò alla rivolta di Nika (che in greco-bizantino significa “vittoria”) nelle quali le due fazioni si coalizzarono contro il fiscalismo giustinianeo.

La rivolta scoppiò il 13 gennaio 532.

I rivoltosi incendiarono anche la basilica di Santa Sofia.

Giustiniano volle fuggire ma sua moglie, l’imperatrice Teodora (della quale ho scritto nel mio libro intitolato “Donne e corone“), rianimò il marito.

La rivolta fu sedata nel sangue.

L’imperatore fece ricostruire la basilica di Santa Sofia nelle magnifiche forme che noi vediamo oggi quando vediamo le immagini di Istanbul, l’antica Costantinopoli.

Dunque, certe dinamiche che ci sono nel calcio di oggi esistevano anche in passato.

Lo sport ha qualcosa che attira le persone con trasporto.

Sembra quasi che abbia qualcosa di “metafisico”.

Umberto Saba (9 marzo 1883-25 agosto 1957) scrisse una poesia dedicata alla Triestina.

Saba non era un tifoso di calcio.

Anzi, il poeta non amava nemmeno il tifo in sé e non vedeva un senso nel correre dietro ad un pallone o nel gioire per un gol fatto dalla propria squadra, con la disperazione degli avversari.

Ovviamente, non gli interessavano neppure gli schemi di gioco.

Tuttavia, rimase ammirato dal trasporto che i tifosi avevano e dal fatto che quella che tifavano fosse la squadra della sua città.

Anche un personaggio come Saba percepiva quel senso di appartenenza ad una realtà che lo sport dava…e tuttora dà.

Finché c’è quel sano tifo con lo sfottò tutto va bene.

Lo sfottò fa parte del gioco.

Il problema c’è quando si passa alla violenza.

L’avversario non è un nemico da distruggere.

Speriamo che questo derby rimanga nello sport e non vada oltre.

Quindi, auguro buon derby a tutti.

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