Re Carlo I e il linguaggio nascosto

Re Carlo I

Il mio libro intitolato “Codex Caroli I Regis Angliae, Scotiae et Hiberniae“, libro su re Carlo I Stuart, è pubblicato anche in versione cartacea.

Il libro è una sorta di apologia di re Carlo I Stuart (19 novembre 1600-30 gennaio 1649) nella quale ho provato a decifrare l’opera da lui scritta e intitolata “Eikon Basilike”.

In un certo senso, il re d’Inghilterra trattò la questione religiosa dell’Inghilterra e esaltò quel tradizionalismo del cattolicesimo.

Non fece un’aperta apologia del cattolicesimo.

Tuttavia, egli condannò il protestantesimo puritano, appellandosi all’arminianesimo.

L’arminianesimo, dottrina propugnata dal teologo olandese Jacobus Arminius (Jacob Hermandszoon, 1560-1609).

Arminius negava il concetto calvinista di predestinazione.

La negazione della predestinazione fu un aspetto che avvicinò il monarca al cattolicesimo.

Tuttavia, re Carlo I non si limitò a questo.

Egli arrivò a mettere al centro i sacramenti e i riti riavvicinandosi alla tradizione cattolica.

Dunque, le sue azioni furono volte a rivalutare una certa tradizione liturgica e dogmatica.

Questo cozzava coi dettati calvinisti del puritanesimo.

Carlo non si diceva apertamente cattolico ma nei fatti cercò di riavvicinarsi al cattolicesimo.

Nel 1641, ci fu una rivolta dei cattolici irlandesi ai quali si unirono quegli inglesi presenti in Irlanda da generazioni e tradizionalmente fedeli alla corona.

I parlamentari videro in ciò la complicità della monarchia.

Nello stesso periodo, i cattolici scozzesi si ribellarono ai protestanti e li massacrarono.

Carlo sfruttò l’occasione per mettere all’angolo il Parlamento.

Questo portò alla guerra civile.

Deve essere ricordato che preti cattolici trovarono protezione presso la corte, grazie alla regina Enrichetta Maria di Borbone, moglie di re Carlo I.

Il re impedì ciò?

Direi di no.

Eppure, nel suo libro, il re bollò il cattolicesimo come “popery” e “superstition” ma le sue opere dimostrarono ben altre idee.

Così, Carlo cercò di fingere di non avere certe idee che ebbe veramente.

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