Vajont, un disastro frutto della disattenzione

Vajont

Nella sera del 9 ottobre del 1963 ci fu un disastro nella zona delle montagne tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia: il disastro del Vajont.

Un pezzo di una montagna, il Monte Toc, cadde nell’invaso della diga posta sul torrente Vajont e causò un disastro.

Parecchi metri cubi di roccia e terra caddero nel lago e generarono un’onda che scavalcò la diga e colpì i centri abitati sottostanti, come Longarone, in Provincia di Belluno.

Morirono ben 1.910 persone ed i dispersi furono 1.300.

I danni calcolati furono pari a 900 miliardi di lire.

Ancora oggi, il disastro del Vajont è un monito.

Le infrastrutture servono.

Servono strade, autostrade, ferrovie e dighe.

Però, si debbono sempre fare le giuste valutazioni di ogni cosa.

Per esempio, prima di scavare una galleria per un’autostrada o per una ferrovia si debbono fare i carotaggi, per vedere le condizioni del terreno e fare le dovute valutazioni.

Prima di costruire una diga si deve valutare la situazione geologica della valle circostante, per evitare il ripetersi di disastri come quello del Vajont o quello del Gleno.

Serve una collaborazione tra natura e uomo.

L’uomo non è il male della Terra, cosa che vogliono fare pensare i fanatici delle auto elettriche, quelli della decrescita felice, che felice non è, quelli che fanno i pipponi per una cannuccia e quelli che fanno allarmismo riguardo al clima, come Greta Thunberg.

Ogni volta che penso a Giorgia Vesaperna, la signorina che soffre di ecoansia, mi viene da ridere.

Se fossi stato al posto del ministro Giliberto Pichetto Fratin, mi sarei messo a ridere di fronte a Giorgia Vesaperna.

Però, c’è anche la natura e di questa non si può non tenere conto.

Si deve tenere conto di ogni aspetto, prima di costruire un’infrastruttura.

Solo così si possono evitare guai.

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