Virus: cosa sono e come agiscono? Storia della virologia

Virus

Visto che sono il tema di questi giorni, parlo dei virus.

Tra l’altro, essi furono il tema della mia tesina dell’esame di Stato, esame con il quale conseguii il diploma di tecnico di laboratorio chimico-biologico nel 1999.

Ora, i virus sono delle particelle subcellulari che sono in grado di infettare le cellule.

Dunque, essi non fanno parte di nessuno dei cinque regni nei quali sono divisi gli esseri viventi, ossia le monere, i protisti, i funghi, i vegetali e gli animali.

Un virus non ha strutture cellulari né un metabolismo complesso.

Però, può riprodursi.

Il nome stesso, il quale è latino e significa “veleno”, ci dice il modo in cui esso può riprodursi.

Infatti, esso si riproduce inserendo il proprio genoma dentro una cellula e monopolizzandone le strutture ed i metabolismo per produrre nuove strutture virali.

Alla fine, la cellula si riempie di nuovi virus e muore per lisi.

Ora, un virus è costituito da un core e dall’involucro proteico detto capside.

Nel core, vi è il genoma, il quale può essere costituito da DNA o da RNA.

Il DNA virale può essere monocatenario o bicatenario, come anche l’RNA.

Nelle cellule, il DNA è solo bicatenario e l’RNA è solo monocatenario.

L’RNA monocatenario può essere RNA+ o RNA-.

Quando infettano una cellula, i virus ad RNA+ possono usare il loro RNA come un mRNA cellulare.

Esistono delle eccezioni.

Alcuni virus ad RNA+ non possono usare il loro genoma come un mRNA cellulare ma utilizzano un enzima denominato trascriptasi inversa.

In questo caso, l’RNA virale fa il percorso inverso rispetto a quello che fa un mRNA cellulare, andando dal citoplasma al nucleo.

Lì, esso viene trascritto in un filamento di DNA che poi induce la cellula a produrre nuove strutture virali.

Questi virus sono chiamati Retrovirus e di questo gruppo fa parte l’HIV, agente eziologico dell’AIDS.

Esistono virus che infettano i batteri, detti batteriofagi o fagi, quelli che infettano i vegetali e quelli che infettano gli animali.

Questi ultimi hanno un secondo involucro detto pericapside o envelope, il quale è costituito da una parte della membrana delle cellule che hanno infettato, con delle proteine dette spicole.

Infatti, essi escono dalle cellule infettate per gemmazione.

I primi virus furono scoperti nel 1892 da Dmitrij Iosifovič Ivanovskij (28 ottobre 1864-20 giugno 1920) e furono quelli del mosaico del tabacco.

Si parlò di “virus filtrabili”.

Prima di Ivanoskij, però, ci fu Louis Pasteur (27 dicembre 1822-28 settembre 1895), il quale capì che l’agente eziologico della rabbia (malattia del sistema nervoso che colpisce animi come i canidi ed i felidi) non poteva essere visto con un normale microscopio.

Nel 1884, il microbiologo francese Charles Chamberland inventò un filtro in grado di trattenere i batteri.

Da qui alla scoperta di Ivanoskij, il salto fu breve.

Questa scoperta fu confermata dal microbiologo e botanico olandese Martinus Willem Beijerink (16 marzo 1851-1° gennaio 1931).

Beijerink sostenne che i virus fossero liquidi ma questa teoria fu screditata dal biochimico e virologo statunitense Wendell Meredith Stanley (16 agosto 1904-15 giugno 1971).

Egli riuscì ad ottenere il virus del mosaico del tabacco cristallizzandolo.

Nello stesso anno, il microbiologo tedesco Friedrich August Johannes Loeffer (24 giugno 1852-9 aprile 1915) scoprì il primo virus animale, il virus dell’afta epizootica.

Nel XX secolo, il batteriologo inglese Frederick Twort (22 ottobre 1877-20 marzo 1950) scoprì i batteriofagi.

Questa scoperta ebbe la conferma dal microbiologo franco-canadese Félix Hubert d’Hèrelle (25 aprile 1873-22 febbraio 1949).

Quella de mondo virale rappresenta ancora oggi sfida sia riguardo alla salute delle persone sia riguardo alla ricerca per potere usare questi agenti a fin di bene, come la produzione di insulina.

C’è ancora molto lavoro da fare.

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