I Romano-Britannici e la Sicilia, uno strano legame

Romano-Britannici

Ho notato qualcosa di strano, qualcosa che lega linguisticamente la Sicilia ai Romano-Britannici.

Nella città inglese di Bath (Aquae Sulis) furono ritrovati molti reperti romani, tra i quali figurarono anche delle tavole.

Questi reperti romano-britannici sono oggi in un museo.

Le tavole riportano delle scritte, ovviamente in latino.

Deve essere ricordato che i Romani giunsero in Britannia nel 43 DC, con le conquiste dell’imperatore Claudio.

La Britannia fece parte dell’Impero Romano fino all’inizio del V secolo, a livello formale, anche se continuò ad essere romana “di fatto” almeno fino al VI secolo, fino a quando gli Angli, i Sassoni e gli Juti (delle popolazioni germaniche di origine scandinava) non la conquistarono del tutto.

Il fatto avvenne nel 575.

Ora, tratto la questione del presunto legame tra la Britannia romana e la Sicilia.

Come ho scritto poc’anzi, le tavolette recano delle scritte latine.

Si tratta di un latino diverso rispetto a quello parlato a Roma, un latino contaminato da influenze delle lingue delle popolazioni preromane.

Prima dell’arrivo dei Romani, la Britannia era abitata da genti di etnia celtica.

Su una tavoletta compare la parola “ficit”, ossia “fece”.

Ora, nel latino classico, “fece” si scrive “fecit” e non “ficit”.

Questo deve farci porre degli interrogativi.

Infatti, il substrato del latino parlato dai romano-britannici fu quello celtico.

Dunque, se la Britannia non fosse stata invasa dagli Angli, dai Sassoni e dagli Juti nel V secolo, i Britannici di oggi parlerebbero una lingua simile al francese e imparentata coi vernacoli dell’Italia settentrionale, i vernacoli gallo-italici, come il piemontese, il ligure, il lombardo, l’emiliano e il romagnolo.

Però, il termine “ficit” ricorda molto il termine siciliano “fici”, che è sempre il verbo “fare” coniugato alla terza persona singolare del passato remoto.

I termini “ficit” e “fici” si assomigliano.

Il vernacolo siciliano ha un substrato diverso rispetto a quello del francese (che fa parte del gruppo delle lingue gallo-romanze) e dei vernacoli gallo-italici.

Per assurdo, un vernacolo come il lombardo sarebbe stato un parente più stretto di un’ipotetica lingua britannico-romanza rispetto al siciliano.

Ricordo che qui in Italia, per esempio, un lombardo ed un emiliano possono capirsi almeno un po’ parlando nei loro rispettivi vernacoli.

Al contrario, un lombardo e un siciliano non possono fare altrettanto, perché le loro rispettive parlate non sono intelligibili tra loro.

Certamente, tra Britannia (Inghilterra) e Sicilia ci furono molti contatti e reciproche influenze.

Di ciò sono presenti molte testimonianze.

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