La dissoluzione dei monasteri e la politica

Uno dei passi più importanti dello Scisma anglicano operato da re Enrico VIII fu la dissoluzione dei monasteri.

Nel 1534, il re provocò lo scisma, anche se ci furono delle avvisaglie di ciò già da prima.

Per esempio, nel 1532, il Parlamento approvò delle leggi antipapali.

Tuttavia, nel 1534 ci fu la rottura con Roma e ciò ebbe delle conseguenze.

La dissoluzione dei monasteri fu una di queste.

Dopo lo scisma, nel 1535, il potente ministro Thomas Cromwell fu incaricato di visitare i monasteri, sia per rendere edotti i monaci e le monache della nuova situazione religiosa e per inventariare i beni in loro possesso.

La visita fatta da un laico, come Cromwell, creò sgomento.

Di solito, queste cose erano fatte da uomini della Chiesa.

In seguito, l’autorità di Cromwell fu delegata ad una commissione indipendente. Questa fase è da ricordarsi come la visitazione dei monasteri.

Nell’estate di quell’anno i visitatori cominciarono la loro opera e vennero inviati predicatori e “ammonitori” che dal pulpito tenevano sermoni prevalentemente su tre temi, infarcendo la plebe di falsità e notizie pretestuose:

  • monaci e suore dei monasteri erano ipocriti e stregoni, che vivevano nel lusso commettendo ogni sorta di peccati;
  • questi stessi monaci e suore sfruttavano il lavoro del popolo senza dare nulla in cambio e perciò erano un danno per l’economia dell’Inghilterra;
  • se il re avesse avuto il possesso dei beni dei monasteri, si sarebbero potute abolire le tasse per il popolo.

Dunque, l’indirizzo fu quello dell’anticlericalismo, con molto populismo.

I vari commissari inviavano a Cromwell relazioni in cui si riportavano di azioni scandalose fatte da monaci e monache.

Sulla veridicità di tali affermazioni si sarebbero potuti porre dei dubbi, visto che Cromwell era anche un filo-luterano.

Nel 1536, cominciò la vera e propria dissoluzione dei monasteri.

I monasteri furono confiscati.

Le confische iniziarono con i monasteri più piccoli.

Le proprietà monastiche furono rivendute alla nuova nobiltà Tudor a prezzi vantaggiosi.

Questo ebbe un effetto molto forte.

Infatti, la nobiltà si legò al re e accettò la sua politica religiosa di buon grado.

Di conseguenza, questa nobiltà divenne ostile ad un eventuale ritorno del cattolicesimo.

Nel 1539, ci fu la dissoluzione degli ultimi monasteri, quelli più grandi.

L’abate di Westminster William Benson cedette al re la sua abbazia e il re lo nominò decano della nuova cattedrale di Westminster.

Anche l’abate di Bury Saint Edmunds John Reeve si arrese e lui ed i monaci ricevettero una pensione.

Meno fortunato fu l’abate di Glastonbury Richard Whiting.

Questi si oppose e fu condannato a morte per tradimento.

La condanna fu eseguita il 15 novembre 1539.

Coloro che si opposero a questo progetto e che si sollevarono, come nel caso del Pellegrinaggio di Grazia, fecero la stessa fine .

Così, la dissoluzione dei monasteri divenne un espediente economico per fare avere al re i soldi per le guerre e per aumentare il controllo regio sulla Chiesa d’Inghilterra, la quale rimaneva cattolica nel dogma ma scismaticamente separata da Roma come comunità di fedeli.

In seguito, questo fatto aprì la strada al protestantesimo, il quale si palesò durante il regno di re Edoardo VI, figlio e immediato successore di re Enrico VIII.

Anche questo fu il totalitarismo inglese del XVI secolo.

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